Gregorio Magno, papa: Battaglie all'esterno, timori all'interno
PENSIERO DEI SANTI del MERCOLEDÌ
Gli uomini santi, pur se torchiati dalle prove, sanno sopportare chi li percuote e, nello stesso tempo, tener fronte a chi li vuole trascinare nell’errore. Contro quelli alzano lo scudo della pazienza, contro questi impugnano le armi della verità. Abbinano così i due metodi di lotta ricorrendo all’arte veramente insuperabile della fortezza.
All’interno raddrizzano le distorsioni della sana dottrina con l’insegnamento illuminato, all’esterno sanno sostenere virilmente ogni persecuzione. Correggono gli uni ammaestrandoli, sconfiggono gli altri sopportandoli. Con la pazienza si sentono più forti contro i nemici, con la carità sono più idonei a curare le anime ferite dal male. A quelli oppongono resistenza perché non facciano deviare anche gli altri. Seguono questi con timore e preoccupazione perché non abbandonino del tutto la via della rettitudine.
Vediamo il soldato degli accampamenti di Dio che combatte contro entrambi i mali: «Battaglie all’esterno, timori al di dentro» (2 Cor 7, 5). Enumera le guerre che subisce dall’esterno, dicendo: «Pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli» (2 Cor 11, 26). Altre armi che usa in questa guerra sono: «Fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità » (2 Cor 11, 27).
Ma, pur impegnato su tanti fronti, non allenta l’attenzione per la sicurezza degli accampamenti. Infatti soggiunge immediatamente: «E oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le chiese» (2 Cor 11, 28). Assume tutte su di sé le asprezze della guerra e, contemporaneamente, si prodiga con premura a difesa dei fratelli. Parla dei mali che sopporta, e aggiunge i beni che elargisce.
Consideriamo poi quanta fatica sia sopportare al medesimo tempo le avversità all’esterno e difendersi all’interno contro le proprie debolezze. All’esterno sopporta battaglie, perché è lacerato dalle battiture, è legato da catene; all’interno tollera la paura, perché teme che la sua sofferenza rechi danno non a sé, ma ai discepoli. Perciò scrive loro: «Nessuno si lasci turbare in queste tribolazioni. Voi stessi infatti sapete che a questo siamo destinati» (1 Ts 3, 3).
Nella propria sofferenza temeva la caduta degli altri, e cioè che i discepoli, venendo a conoscenza che egli veniva percosso per la fede, ricusassero di professarsi fedeli.
O sentimento di immensa carità! Sprezza ciò che egli stesso soffre, e si preoccupa che nei discepoli non si formino concezioni sbagliate. Sdegna in sé le ferite del corpo, e cura negli altri le ferite del cuore. I grandi infatti hanno questo di particolare che, trovandosi nel dolore della propria tribolazione, non cessano di occuparsi dell’utilità altrui; e, mentre soffrono in se stessi sopportando le proprie tribolazioni, provvedono agli altri, consigliando quanto loro abbisogna. Sono come dei medici eroici, colpiti da malattia: sopportano le ferite del proprio male e provvedono gli altri di cure e di medicine per la guarigione.
Dal «Commento sul libro di Giobbe» di San Gregorio
Un capitoletto da IMITAZIONE DI CRISTO
XXIV - Il giudizio divino e la punizione dei peccatori
1. In ogni cosa tieni l'occhio fisso al termine finale; tieni l'occhio, cioè, a come comparirai dinanzi al giudice supremo; al giudice che vede tutto, non si lascia placare con doni, non accetta scuse; e giudica secondo giustizia (cfr. Is 11,4). Oh!, sciagurato e stolto peccatore, come potrai rispondere a Dio, il quale conosce tutto il male che hai fatto; tu che tremi talvolta alla vista del solo volto adirato di un uomo? Perché non pensi a quel che avverrà di te nel giorno del giudizio, quando nessuno potrà essere scagionato e difeso da altri, e ciascuno costituirà per se stesso un peso anche troppo grave? E' adesso che la tua fatica è producente; è adesso che il tuo pianto e il tuo sospiro possono piacere a Dio ed essere esauditi; è adesso che il tuo dolore può ripagare il male compiuto e renderti puro.